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Piazza vuota

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Piazza vuota

ALESSIA ALBERTIN

In relazione al fatto che siamo stati colpiti da un pandemia a livello globale, costringendo tutti alla quarantena. Le piazze per cui sono state vuote per un po’ di tempo e resteranno poco affollate ancora per tanto. Il mio concetto di piazza fa riferimento sicuramente ad artisti del passato come De Chirico, il quale ha affrontato questa tematica molto spesso, soprattutto nella sua prima fase di attività tra il 1910 e il 1915. Si tratta di colui che ha coniato il termine “metafisica”, avvolgendo le sue piazze nel mistero in riferimento anche a Nietsche. Per cui ho preso ispirazione da lui ma anche dal cubismo orfico di Delaunay che era solito frantumare gli edifici che rappresentava nel contesto urbano. Io ho rappresentato per cui l’idea che ho della società di oggi: sul lato sinistro c’è un palazzo che arriva fino in alto che da’ una idea di frantumazione di imperfezione, risulta casuale, deformato. Sui due lati della rappresentazione ci sono due edifici anch’essi deformati con dei porticati in entrambi. In basso a destra ci sono degli ingranaggi che sembrano non entrare in contatto tra di loro e alcuni di essi sono crepati o rotti. Sul fondo una scultura, di cui si vede solo la sagoma, di una testa di cavallo. Tutto questo scaturisce dal pensiero di voler rappresentare quasi un periodo di “seconda decadenza” per l’uomo. In cui tutto ciò che era solito fare viene distrutto. Per questo la scelta di edifici deformati, di colori grigi, bruni, freddi e spenti. La società negli ultimi anni si è solo concentrata sul progresso economico, tecnologico, piuttosto che sociale, dimenticando i veri valori dell’uomo stesso. Gli ingranaggi sono la nostra società, vista come un meccanismo, in cui se solo una di queste ruote si dovesse rompere, andrebbe a rovinare l’equilibrio di tutto il resto. Per cui dal problema sanitario scaturisco tante altre problematiche che ci coinvolgono direttamente (crisi economica, sociale, politica). Per questo anche la scelta di mettere in discussione l’arte classica perfetta, inserendo archi oramai deformati. Allo stesso tempo ci sembra di trovarci in una situazione paradossale, mai vissuta prima, se non molti anni fa. La piazza quindi sembra essere frutto dell’immaginazione e non reale, come se il tempo si fosse fermato. Questo senso di spiazzamento è dato dal colore del cielo, chiaramente inventato, che va dal verde al giallo freddo. E questo stesso cielo con la luce che proviene da destra fa si che le ombre dell’edificio e del monumento, collocato al centro della piazza, si proiettino a terra e risultino molto allungate. Anche il concetto di avere una piazza vuota fa si che chi lo guarda provi un senso di sconcerto, perché solitamente molto affollate. Per quanto riguarda la tecnica ho scelto l’acquerello che si presta a fare sfumature, mentre la scelta cromatica è motivata in relazione al significato dell’opera stessa.

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