
Domande
DAVIDE TERRANA, IN ARTE SBLENDONE
Da un paio di mesi a questa parte, quando parlo con amici e familiari e mi chiedono come sta andando, le risposte non si allontanano da un “Sto bene, grazie”. Ma, sto mentendo.
In questa quarantena ogni giorno, c’è un combattimento dentro me. In un turbinio sinusoidale di stati d’animo, alti e bassi si alternano con naturalezza e perseveranza. Che poi per essere più preciso, sarebbe da chiamarli ‘medi’ e ‘profondi bassi’, ma ci siam capiti. Eppur sembra ,che demoni interiori stiano giocando con le mie ansie e le mie paure.
Domande come ‘Chi sono?‘ e ‘Cosa ne sarà di me e della mia professione?’ non sono esimate dal pensiero; mentre mi lavo i denti o me ne sto appollaiato fissando il vuoto. Ebbene sì, perché neanche le manovre intraprese dal governo italiano aiutano a rispondere a queste mie domande. Sono uno di quei creativi italiani che non è né un lavoratore dipendente, né un autonomo. Questo si concretizza che non sto lavorando né in modalità di smart working, né sono in cassa di integrazione, né ho avuto diritto al famoso contributo una tantum erogato dall’INPS.
2020: un anno che si prospettava esser finalmente quello giusto per aprire la mia realtà come libero professionista, abbandonando come è la consueta scalata italiana professionale, ritenute di acconto e quei mini contratti infelici Cococo. L’anno in cui un cliente ha creduto nelle mie skills, nel mio know how professionale, e soprattutto nel mio valore, decidendo di portarmi con sé, per la documentazione video delle sue attività, tra febbraio e marzo. New York, poi Roma, per la prima volta la capitale nipponica Tokyo, ed infine sarei tornato negli USA, avrei girato nell’arco di 45 giorni 3 dei 6 continenti. Mentre ciò si stava manifestando nella mia vita, il mondo e prima ancora l’Italia, si sono fermati. In un momento che era stato fecondato una grande opportunità professionale e di realizzazione personale, si cade in ‘lockdown’. Caro lettore, puoi capire lo sgomento che si cela dietro la mia risposta “Sto bene, grazie”. Perché sgomento, è la parola che meglio condensa non solo la mia situazione, ma anche quella di tantissimi cittadini italiani, che più di tutti gli altri risentono è risentiranno la crisi.
Mentre la terra nel sul moto girava attorno al sole, ho imparato l’autodisciplina e la responsabilizzazione delle mie azioni. Passo dopo passo, errore dopo errore, ho imparato a gestire ed a prendere in mano le redini della mia vita. Ed in un momento in cui sei tirato fuori dai giochi e l’unica cosa che ti rimane da decidere sono i contenuti su Netflix, sei reso inerme nella creazione della tua realta’. Presente e futuro che non dipendono più dalla tua rotta, ti senti come una barca in mare aperto, in balia delle onde. La parola ‘sgomento’ risulta calzante e puntuale. Come da definizione della vigorosa enciclopedia Treccani, “É lo stato di turbamento e di depressione psichica in corso, causato dal timore e dalla preoccupazione […]” di un grande punto di domanda, chi sei e di cosa sopravviverai nell’avvenire. Questo aggettivo raggiunge l’auge in questa composizione fotografica. Trasposizione puramente visiva per gli occhi, struggente per il linguaggio dell’anima. Quello che è certo, come i lineamenti del nostro volto che ogni giorno fissiamo ai nostri specchi, diventa sfumato ed incerto, come, in questo momento, la nostra identità. Quello che rappresentava una sicurezza, una solida base della nostra vita, non può più far parte del nostro presente. Ed il futuro, già misterioso di per sé, diventa ancor più arioso, proprio per l’incertezza del presente.
Ma chi è che può con fermezza affermare, che questo presente non sia il momento giusto per trasformarsi? Chi è quello scellerato, che può stringere il pugno al petto e gridarlo con tutto il fiato che ha in corpo, con assoluta certezza una simile abominevolezza?
Perché alla fine, come nella fotografia il volto e’ preponderanteménte diretto verso la luce che illumina la stanza, c’e’ una luce infondo al tunnel.
Questa crisi è il momento in cui si rimischiano le carte del mazzo e viene generata una nuova partita, dove noi stessi abbiamo il ruolo del giocatore, del mazziere e dell’avversario, ma siamo anche il mazzo di carte.